Anzano degli Irpini, ora Anzano di Puglia

CAPITOLO III

IPOTESI E CONVINZIONI DIVERSE

So di essere peregrino, purtroppo, nel sostenere quanto innanzi ho affermato circa l’antichissima Anxanum; per questo ho confessato innanzi che mi sento tremar la mano…; per questo desidero ora passare al vaglio ciò che altri hanno pensato e scritto in proposito, per quello che a me consta…
So che 1’Anxanum di cui sto parlando è stata ed è ritenuta l’attuale amena cittadina degli Abruzzi, Lanciano…
Nulla intendo togliere a questa bella città, né in riferimento alla sua storia, né, tanto meno, in riferimento alle sue bellezze; ripeto solamente - e ritengo ad ogni buon diritto - che l’Anzano dei Frentani è l’attuale Anzano di Puglia per i motivi esposti al capitolo precedente, motivi che saranno
certamente suffragati nel futuro da altre prove storiche ed archeologiche, ed affermo con convinzione che se Lanciano discende da una « Anxia o Anxianum », ciò non mi riguarda
e non è da me contestato, laddove si ammetta che questa Anxia o Anxianum sia diversa e distinta dall’Anxanum Frentanorum.
Ho parlato abbastanza, innanzi, della iscrizione greco-arcaica riportata da Raimondo Guarino in «Excursus alter epigraphicus » del 1831; ho riportato l’inciso (bisogna darmene atto! ) con cui anche il Guarino si uniforma - presumibilmente, direi certamente a malincuore! - a quanto allora era ritenuto pacificamente da tutti, o quasi tutti, cioè che l’Anxanum fosse l’attuale Lanciano.

Due fatti sono sintomatici in proposito, indicano come egli a malincuore, senza convinzione alcuna, abbia aggiunto quell’inciso (se pure fu lui ad aggiungerlo): riporta l’iscrizione e ne parla fra le «antichità rinvenute in Anzano, Eclano e Zungoli». (E’ una ripetizione necessaria: cfr. Giuseppe Pennetti: Biblioteca storica della Provincia di Avellino, pagina 16) ed inoltre prospetta egli stesso l’obiezione di come Bisaccia-Romulea abbia potuto allearsi con Lanciano, dandone una spiegazione consapevolmente puerile, inaccettabile... A questi argomenti ho già accennato innanzi, ma... repetita iuvant!
* * *

Senza alcun imbarazzo, anche se con un certo disappunto comprensibile, riporto qui il pensiero d’un illustre storico conterraneo, l’abate Iannacchini Angelo Michele, parroco di Sturno e poi vescovo di Cerreto Sannita. Egli nella sua ponderosa ed apprezzata « Topografia Storica dell’Irpinia» (Napoli, 1889) parla del viaggio di Orazio verso Brindisi e di Anzano.
Giacchè l’occasione si presenta, prima di entrare nel merito della questione primaria - quella della vera «Anxanum» - credo sia doveroso ed utile trattenermi e precisare qualcosa sul troppo dibattuto viaggio di Orazio.
L’illustre storico Iannacchini scrive in proposito (Vol. I, Lib. I, cap. 4): « Via di Orazio - Fra gli itinerari antichi sopramentovati, il più discorde degli altri (Via Appia - Via Traiana) è quello che il Desjardius chiama di Orazio.
«Questi, nella Sat. 5 del Lib. I, così favella del suo viaggio per Brindisi, in compagnia di Mecenate e di Cocceio.
«Sulle prime racconta le peripezie di esso fino alla villa di Cocceio presso Caudio, poscia il suo proseguimento per Benevento. Indi descrive come di quivi si passò a Trevico, donde la dimane ad Ascoli che il Chaupy ritiene essere l’oppidolo, di cui favella, il quale, non entrando nel verso, Silio Italico cangiollo in Asclum. Egli, il poeta, ci fa rilevare che tal via si poteva bazzicare con cocchi, e quindi via di conto, ed eccone i versi: Quatuor hinc rapimur viginti et milia rhedis - mansuri oppidulo quod versu dicere non est.
«Si è questo il concetto genuino di Orazio, il quale dà luogo a diverse opinioni nel volerlo identificare...