Anzano degli Irpini, ora Anzano di Puglia

Furono ammirevoli in quella occasione i cittadini di Savignano Irpino e di S Agata di Puglia: i primi, in, un bel numero arrivarono a piedi, con badili e- picconi sulle spalle, con‘ le prime luci del giorno 23 luglio, e lavorarono sodo per scavare dalle macerie feriti e morti. I secondi, a gruppi, isolatamente vennero per parecchi giorni di seguito a distribuire a tutti noi - tutti eravamo bisognosi in quei giorni!- pane, cacio, viveri ed indumenti... Son cose belle queste, che non si possono dimenticare!
La vita, poi, come sempre avviene, riprese man mano, e per gli aiuti del Governo, e per iniziativa ed intraprendenza personali. Sorse allora il nuovo rione delle casette asismiche nella zona detta «Pila Nova» e «Casino». Per la ricostruzione, però, della chiesa parrocchiale passò del tempo: ad opera della S. Sede e del Governo fu preparato il progetto e si decise di fabbricarla dalle fondamenta in altro posto; i fedeli, consci della tradizione del ritrovamento della statua della Madonna sul posto ov’era l’antica chiesa, si ribellarono alla decisione del cambio di sito, molte donne fecero una specie di sommossa popolare; infine si costruì la chiesa, ridotta nelle dimensioni, e la casa canonica sullo stesso posto ov’era stata l’antica chiesa crollata; fu benedetta ed inaugurata nel 1932.
Ma il campanile non fu ricostruito più, le campane furono sistemate su tronchi di legno, a pochi centimetri da terra, e così restarono fino all’anno 1948.
Voglio chiudere in bellezza questo capitolo di storia, dopo questa nota abbastanza triste del terremoto del 23 luglio 1930. Debbo, però, fare una premessa: Assunta da me, nel 1942, la responsabilità della guida spirituale di questa Arcipretura di S. Maria di Anzano, prima di fare quel poco che ho potuto per rendere decorosa e bella la chiesa parrocchiale e per elevare in qualche modo il grado di vita cristiana della comunità affidatami, mi preoccupai molto per ricostruire il campanile, perché svettando alto su di Anzano risorta dal terremoto fosse un faro luminoso ed un richiamo continuo intorno alla chiesa dei nostri padri; nel 1947 mi recai negli Stati Uniti d’America per un appello di fraternità nell’amore della comune madre, la Madonna di Anzano, e quei buoni concittadini emigrati raccolsero e mi offrirono, per la costruzione del campanile, dollari 2.833, pari a lire italiane 1 milione 629.262,50; il campanile fu fatto bello architettonicamente, snello e forte insieme da poter sfidare qualunque sisma, fu inaugurato il 13 dicembre 1948, con la presenza dell’Arcivescovo Mons. Cristoforo Carullo, ma... venne a costarmi complessivamente L. 4.229.600 e solo Dio sa quante preoccupazioni, quanti viaggi, quante sofferenze mi è costata la differenza a deficit di L. 2.600.337,50, che la Provvidenza Divina, per intercessione della Madonna, mi aiutò a colmare.
Ebbene, ecco la nota con cui intendo chiudere in bellezza questo capitolo e questa storia, per poi passare ad un atto di doveroso omaggio: è un articolo che scrisse in occasione della ricostruzione del campanile, nel 1948, e consegnò a me l’indimeticabile concittadino, dal cuore tanto tanto grande, Geom. Rocco Iacoviello:
«Din Din, Don...
Da quanti anni il paese era in lutto, perché il suo campanile non diffondeva più per le valli i caratteristici rintocchi ritmici delle sue campane?
Fu in una notte di luna e di stelle, una di quelle notti estive in cui i grilli si radunano a festa, che sorsero dalle viscere della terra degli strani ciclopi i quali, serrando in una stretta strangolatrice il perimetro dell’abitato, con poche scrollate ne determinarono la completa distruzione. Con le case crollò pure la Chiesa ed il Campanile e la gente scampata alle ire delle furie, si svegliò inorridita e terrificata ed il Cielo si arricchì di altri Angioli, di un Angiolo a me tanto caro. Quante volte, in questi lunghi anni passati e rattristati ancor più dalla ribellione di tutte le forze malefiche della guerra, il mio pensiero è corso al vecchio campanile dove si faceva a gara per arrampicarci su per l’erta scaletta ed infine attaccarci ad una delle funi che tese e poi mollate determinavano con l’oscillazione delle campane quel caratteristico argentino susseguirsi di rintocchi.
Din Din, Don... Din Din, don...
E le processioni si srotolavano per le strade acciottolate e dimenticate portando in tutte le case la benedizione del Signore; e i bambini sciamavano allegri e rumorosi per portarsi alla scuola; e i