Anzano degli Irpini, ora Anzano di Puglia

 

Che fare?
Con fiducia, con pazienza...
cominciai a preparare e provare…
quando d’improvviso mi si fermò...
forzai un po’...uscì del sangue…
mi fermai... aspettai... riprovai...
macché… sempre sangue...
ero di certo fuori strada!
Non avevo un catetere più piccolo
mandai in farmacia...ne era sprovvista...
Mi sentii perduto...abbandonare?
no...riprovai...eguale insuccesso...
Ero sudato, distrutto...
il malato soffriva, mi supplicava...:
di certo ero più io che soffrivo...!
Era già giorno chiaro...
decisi di soprassedere, di aspettare...
andai a casa distrutto...
imprecai contro la mia laurea......
mi buttai sul letto sfinito
cosi...vestito com’ero...,
e dormii...
Eh no, non volevo svegliarmi...
non volevo essere cosciente
del mio fallimento...!

La mia mamma non mi disturbò...
mi svegliai solo il giorno dopo...
mi sorrise...e poi mi assicurò
che gli si era sbloccato da solo
dopo qualche ora...
San Rocco mi aveva fatto il miracolo!
Solo tosi acquistai fiducia in me stesso...
e così ho continuato con successo
per cinquant’anni...!
Devo perciò a San Rocco
l’infermiere dei pestosi,
il mio battesimo di medico...!

Il cimitero

A fondo valle del paese
è il cimitero...
con i suoi pochi cipressi...
visibile da tutte le parti...
lì sempre ad ammonire
a richiamare, quasi a significare
che lì...c’è posto per tutti!
Il cimitero...
deposito, custode di tante storie
di affetti, di amori, di valori:
lì sono anche i miei genitori
i miei nonni, i miei zii...
tutti nella cappella di famiglia
quanti affetti...quanti ricordi!
Vado sempre al cimitero,

 

ci vado anzi con piacere
per colloquiare con tutti quei nomi
sempre in me presenti, cari soprattutto;
li ricordo tutti...
ogni nome mi ricorda una storia
una malattia, un mio intervento:
ad ognuno un pensiero, una preghiera...
sono tanti in verità...
di sopravvissuti ne siamo ben pochi!
Come medico me li ricordo tutti...
tutti sentivano il mio parere...
ero per loro un passaggio obbligato...
ero forse l’ultima loro speranza...:
come soffrivo anch’io per loro...
in quei nomi è tutta la mia vita
di paesano...di medico!
Andare al cimitero è per me
una vera rimpatriata...
un colloquio col passato che continua,
e che di certo continuerà
più intenso, più vivo
quando sarò anch’io con loro...!
A tutti loro per ora una preghiera...
“Requiem aeternam...“!

Il mulino

C’erano una volta in paese
due mulini
che macinavano il grano,
il granoturco...,
farina bianca, gialla
calda, soffice, sottile, vaporosa
che ti sfuggiva tra le mani!
Lavoravano tutto l’anno i due mulini,
lunga era la fila degli asini
con due sacchi sulla groppa;
il mugnaio tutto bianco, infarinato
che sovraintendeva al lavoro
che pesava e litigava con le donne;
gente che aspettava il suo turno
tra chiacchiere e pettegolezzi...
tutto si dicevano lì le allegre comari:
era uno spettacolo...una festa!
Anch’io andavo di frequente...
m’infarinavo tutto, i capelli soprattutto...
volevo essere vecchio…non so perché!
Erano mulini vecchi
a petrolio prima, elettrici dopo...
due grosse pietre rotonde, sovrapposte
che giravano, stritolavano...
un rumore enorme, cupo, continuo
che si sentiva a distanza…
sordi erano i mugnai...
Durante la guerra
un ispettore controllava i limiti