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Ma anche questo culto, così caro ai popoli cristiani, fu oggetto di fiere persecuzioni. Memoranda, fra le altre, è la persecuzione degli Iconoclasti, che divampò violenta per tutto il secolo VIII e si protrasse fino al sec. IX dell’era volgare nell’Impero bizantino e quindi nell’Italia Meridionale (1)
E fu allora che i buoni fedeli, non volendo distruggere le sacre immagini da loro sì lungamente venerate, e per salvarle dalla distruzione e dalle profanazioni di mani sacrileghe, cercarono con ogni cura di sottrarle alla ricerca degli eretici, nascondendole dove meglio potevano, in qualche caverna, nel fondo di sotterranei e finanche di pozzi, nel folto di boscaglie più o meno vicine ai centri abitati, come già i cristiani dei primi secoli, per sfuggire ai loro persecutori, si erano occultati nelle catacombe. Ma come la Provvidenza Divina aveva prima glorificato i martiri e i confessori di Gesù Cristo, così volle poi glorificare quei sacri simboli di devozione già venerati dai fedeli ed in seguito, per odio settario, costretti a rimanere sepolti nell’oscurità dei nascondigli per anni ed anni e finanche dimenticati, forse, da chi li aveva nascosti, o ignorati del tutto dalle generazioni successive. La storia, infatti, ci mostra che spesso Dio si valse anche dei prodigi, sia per fare scoprire tali immagini e riportarle, per il bene dei fedeli, all’onore degli altari, sia per renderle strumenti di grazie e di beneficenze nei rinomati Santuari. Non si esclude, d’altra parte, che tante volte i ritrovamenti avvenivano per puro caso!
Di questo fatto storico sono tuttora testimonianza viva quasi tutti i Santuari dell’Italia Meridionale che, trovandosi sotto il dominio bizantino, fu esposta alle persecuzioni degli Iconoclasti e quindi a nascondere le proprie venerate immagini sacre, non meno che alle incursioni delle orde saracene. Tra i molti, citerò ad esempio: il venerato quadro della Madonna dei Sette Veli o Iconavetere (Cattedrale) e la statua dell’Incoronata (nel bosco omonimo) di Foggia; i santuari di Airola, di Costrovillari, di Copertino, di Cerza Maggiore, di Liveri, di Castellaneta, di Mesagne, di Conversano, di Castellammare di Stabia (S. Maria di Pozzano, proprio perché rinvenuta nel fondo di un pozzo), di Ariano Irpino (Madonna di Valleluogo: è una statua in proporzioni ridotte, ma identica alla nostra Madonna di Anzano! ), di Valleverde di Bovino, della Madonna delle Fratte di Castel Baronia ed infine quello di S. Maria di Anzano o Madonna di Anzano, di cui stiamo trattando in particolare.
Gli Iconoclasti o guasta - immagini (da éicòn, icone, immagine, e clàzein, guastare, spezzare) ebbero origine dalla ignoranza e dalle brutalità di due sette religiose, il maomettismo e il giudaismo, che promossero una feroce lotta contro le sacre immagini, accusando di idolatria il culto che loro veniva prestato dai cattolici, così come ora fanno le tante sette protestanti che non sanno distinguere tra « culto di latria » o « adorazione », dovuto solo a Dio, e « culto di dulia » o «venerazione » tributato ai santi, ai benefattori, ai genitori ecc... In ciò furono aiutati, e da alcuni abusi che venivano, direi immancabilmente, commessi dai semplici fedeli, e da motivi politici con cui l’imperatore Leone III l’lsaurico pensava di comprimere l’influsso dei monaci sulle masse contadine. Fu quest’imperatore, infatti, Leone III l’Isaurico, che per primo dichiarò guerra alle immagini nel 725; a lui si unì in seguito Costantino V, detto il Copronimo. Questi imperatori con i più tirannici editti imposero ai sudditi di consegnare tutte, senza eccezione, le immagini di G. Cristo, della B. Vergine e dei Santi, e di cancellare con la calce perfino le pitture delle chiese. Un grido di orrore si sollevò da tutto l’impero! I popoli si rifiutavano di obbedire e si scatenò nell’Impero bizantino (e nell’Italia meridionale, di conseguenza) una generale e sanguinosa persecuzione con esilio, prigione, tortura e martirio… Sotto Leone IV che regnò appena 5 anni (775-780) la persecuzione venne in parte mitigata. Dopo, la vedova di Leone, Irene, prese in mano le redini del governo in luogo del suo unigenito, Costantino VI, di appena 6 anni, e d’accordo col Papa Adriano I riuscì a radunare a Nicea un concilio di 377 vescovi, che nell’anno 787 condannò gli iconoclasti e restaurò il culto alle Immagini sacre. Tutto fu calmo fino all’813, quando l’armeno Leone Barolas, proclamato «basileus» col nome di Leone V, riaccese la lotta contro le Immagini; la persecuzione continuò ancora sotto gli imperi di Michele II il Balbuziente (820-829) e di Teofilo (829-842). Sotto l’Impero di costui numerosi confessori (così detti quei cristiani che per confessare, affermare, testimoniare la propria fede sfidavano i pericoli e le torture) furono imprigionati e crudelmente torturati: famoso il caso dei due fratelli Teodoro e Teofane, sulla fronte dei quali un carnefice incise ben 12 versi giambici, nell’836. Alla sua morte, nell’842, la vedova Teodora, reggente, per ristabilire il culto delle immagini, convocò un nuovo concilio, con l’aiuto del patriarca S. Metodio, e l’11 marzo 843, prima domenica di Quaresima, si poté finalmente celebrare il trionfo definitivo dell’ortodossia (fedeltà alla dottrina cattolica, apostolica, romana) con una festa che è rimasta fino ai nostri giorni.