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non accennava a chiudersi, ed io ero costretto a guardare sempre e solo quella volta della cameretta di ospedale... «Ahi, dura terra, perché non ti apristi» in quei giorni ad inghiottirmi? ...
Ma conservai la fede, pregavo! Egoisticamente, stanco, arrivai a chiedere alla Madonna che mi ottenesse la grazia di farmi morire.
Compagno di camera, nel lettino a fianco, era un bravissimo uomo dell’Africa Settentrionale, venuto di là per l’asportazione di un rene e per altre cure, tale Amed Mufti, capo dei sacerdoti maomettani di Bengasi, di cui conservo, con tanti cari ricordi, una bella fotografia; costui aveva subito, lo stesso giorno che fui operato io, un intervento assai difficile, ma andava sempre in meglio, verso la guarigione completa...
A fine maggio io ero sempre nelle stesse condizioni: abbattuto, ai limiti della disperazione, con la ferita sempre aperta, con il basso ventre sempre fasciato... Un mattino - sarà stato il 28-29 maggio - passa per la visita di turno il carissimo prof. Antonio Altieri, aiuto del primario; mi fa liberare delle fasce, mi osserva, si siede vicino a me, mi offre ed accende una sigaretta Serraglio e mi fa questo discorso, nella sostanza, se non proprio con queste parole: Tu non sei un ragazzo, nè un ignorante: vorrò parlarti con franchezza! Questa ferita ormai non si chiude più, abbiamo tutti deciso di farti la plastica, estremo tentativo per aiutarti! Io non parlai, mi feci pallido ed egli continuò: non preoccuparti soverchiamente, si tratta di questo: sarà fissato sulla ferita il tuo avanbraccio, liberato dalla pelle; quando la carne del braccio avrà fatto corpo con quella presso la ferita, certamente dopo qualche tempo, sarà distaccata dal braccio quel po’ di carne e farà da tappo alla ferita...
Come io restassi dopo un tal discorso ognuno può facilmente immaginare...
Dopo meno di un’ora arrivarono da Anzano, per farmi visita (ogni tanto veniva qualcuno, un mio nipote era sempre con me, a soffrire con me! ), mio cognato Raffaele Cerasuolo ed un mio amico carissimo, cugino di costui, pure Raffaele Cerasuolo di nome. Quando costoro apparvero sulla soglia della carneretta ed io li vidi, fui preso da un pianto disperato... Dissi loro, tra le lacrime, quanto il prof. Altieri aveva detto a me... Cercarono, poveretti, di sostenermi, di confortarmi, di convincermi a sperare nel nuovo intervento. Ma poi dovettero ripartire per il rientro in famiglia ed io restai solo, con la disperazione nel cuore.
Non mangiai quel giorno, non dormii; risposi poco alle buone parole di conforto del vicino di letto Amed.
A sera mi rivolsi con la preghiera alla Madonna, alla «mia» Madonna di Anzano, e con tanta fiducia, con tanto slancio, con la forza della disperazione: «Tu sei l’unica àncora di salvezza per me; aiutami! Fallo per mamma, non per me! Ottienimi da Gesù anche un miracolo, se è necessario, ma aiutami in qualunque modo». Recitai un rosario e mi addormentai, senza accorgermene, senza volerlo... Mi trovai nella mia chiesa di Anzano, piena di fedeli, come abitualmente era nelle domeniche. Mi inginocchiai davanti all’altare maggiore ed al trono-nicchia della Madonna, che sovrasta lo stesso altare. Salutai Gesù Sacramentato, alzai gli occhi più in alto verso la statua maestosa della Madonna di Anzano e la supplicai, come avevo fatto prima della partenza per il ricovero, così (ricordo bene! ): Io parto nuovamente per l’ospedale; assistimi tu, aiutami tu! Fammi guarire!
La testa della Madonna si mosse due-tre volte in segno di assenso e poi la sua voce gridò: Ti ho ottenuto la grazia!
In chiesa i fedeli si alzarono tutti in piedi, gridando: La Madonna parla, la Madonna parla!
Io mi sentii scuotere fortemente al braccio e mi svegliai: era Amed, il vicino di letto, che con una mano mi sosteneva la testa e con l’altra il braccio destro - «Padre, padre, che le succede? Coraggio!... Lei sta parlando, sta gridando: La Madonna parla... mi ha ottenuto la grazia... Cos’è? Si svegli, non cada dal letto!», così mi diceva il buon Amed, assai preoccu-pato. Io gli dissi solamente: «Grazie, è stato solo un sogno, però! » e restai calmo, abbattuto, sconfortato più di prima, come chi passa istantaneamente da una dolce illusione ad una realtà ben dura. Ed a tale realtà ben dura continuai a pensare, conscio di aver fatto solamente un sogno...
Al mattino, verso le ore 9, vennero a farmi visita da Anzano Suor Giuseppina Villani, Superiora dell’Asilo Infantile, ed un’altra Suora di cui non ricordo il nome (Suor Giuseppina è viva ed è buon