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La gente fra l'antico e il nuovo
Appare ed è semplice e buona la gente. Ha un senso sacro della ospitalità tanto che si dice sia «amante del forestiero», forse per un istintivo desiderio di comunicare con gli altri, di evasione o per la ricerca affannosa di uscire dall'isolamento nel quale l'angustia del territorio e la povertà delle risorse locali l'hanno costretta.
Non pochi sono i casi di persone che si sono qui trasferite e son riuscite ad affermarsi positivamente e meglio di altre paesane, in particolare per attività artigianali o commerciali. Se la bontà: la semplicità sono, in sostanza, caratteristiche dell'indole, pur tuttavia la diffidenza e l'invidia a volte alberga fra le persone e assume aspetti negativi. Non sempre si ha rispetto per le cose degli altri, frequente è la litigiosità, tanto che gli Anzanesi riempivano delle loro pratiche gli uffici giudiziari del circondario, anche per futili motivi.
Poco rispetto, inoltre, vi è per le opere o la cosa pubblica, perciò il Comune ha tanto quanto niente di proprietà Comunale, da essere costretto per costruire opere pubbliche ad effettuare espropri per realizzarle, in particolare le strade rurali, una volta ampie, e che poco per volta sono state maliziosamente ridotte a pochi metri o addirittura a viottoli. Piaga ancor viva sono i «ricorsi», cioè le denunce anonime in particolare contro gli amministratori Comunali, che sovente diventano vittime sacrificate di inconcludenti azioni giudiziarie, che servono solo a far perdere tempo alla giustizia e scoraggiare le migliori energie da quella partecipazione alla vita pubblica locale. Di solito ai problemi generali la gente sembra interessarsi poco, ed insegue con più propensione aspetti particolari o interessi diretti, ma in fondo dimostra anche per essi attenzione soprattutto allorquando vicende elettorali o rinnovo di amministrazione comunale inducono a portare sul tappeto e in piazza argomentazioni e problemi di un certo rilievo e interesse generale. Il tenore di vita della gente è povero, anche se l'atavica miseria di solo qualche decennio fa, è, ora grazie a Dio, un ricordo. I contadini fino a qualche decennio fa lavoravano, senza conoscere domeniche e feste, ogni metro quadrato di terra, e consumavano ciò che l'avara terra di collina loro dava.
Tipica vita contadina del nostro Mezzogiorno, simile a tanti innumerevoli ambienti degli aridi dorsali appenninici. I costumi, pur belli ed indossati solo nelle ricorrenze eccezionali, si riducevano in sostanza nel vestiario quotidiano ad indumenti che coprivano alla men peggio in particolare gli uomini e spesso si vedevano ragazzi andare scalzi. La carne veniva consumata in occasioni rare, nei giorni festivi o quando qualche bestia moriva di morte accidentale e per lo più ovino o capra, mentre la <<vaccina>> era privilegio raro solo di pochi più facoltosi. A qualche ospite di riguardo o amico era sempre riservata la cosiddetta <<fellata>> dell'affumicato prosciutto o spalla o << capicollo>> prodotti gustosissimi dell'immancabile maiale allevato e sacrificato con festa familiare col sopraggiungere dei geli invernali. L'alimentazione proteica era una volta costituita soprattutto da legumi, in particolare fagioli e ceci, rinomati ancor oggi nel circondario. Le abitazioni composte solitamente di una cucina e di una camera da letto non avevano per lo più servizi igienici e pertanto erano necessari luoghi pubblici <<immondezzai>> che determinavano gravi situazioni igienico-sanitarie.
Spesso in tali poveri ricoveri albergavano anche gli animali domestici necessari per la sopravvivenza della famiglia, l'asino la capra e qualche gallina o coniglio. Le donne, a causa di lutti ricorrenti in famiglia o fra congiunti, in sostanza finivano sempre per essere vestite di nero, per lunghi o brevi periodi a seconda del grado di parentela. Queste quotidianamente si recavano in campagna con l'asino o il mulo, con a fianco una capra, una o più pecore, e raggiungevano il marito già dalle prime ore del mattino sui campi, in un'ora più tardi, per portargli la «colazione>> fatta spesso di patate e peperoni conditi con lardo e ventresca di maiale. Le madri più giovani portavano sul capo la culla con il neonato completando. così un quadro sintetico ed efficace della civiltà contadina, nel suo rapporto fisso uomo-terra, nei suoi poveri mezzi strumentali e nella rassegnata continuità anche per le generazioni future: Viva era l'attesa lelle feste paesane per le ragazze e i ragazzi; il Natale, la Madonna di Anzano, S. Rocco e il Rosario.
Per il Natale si preparavano come ora le «zeppole» e si accendeva nel camino il ciocco che doveva durare fino al capodanno ed in questa circostanza festiva spesso avvenivano fidanzamenti fra giovani, che dimostravano il loro reciproco assenso in chiesa con il lancio di qualche frutto e tale consuetudine assumeva aspetti che quasi sempre indignavano il celebrante «arciprete». I giovani avevano, a volte, occasioni di incontrarsi fra loro in casa dell'uno o dell'altro, ma le ragazze erano tenute rigidamente in casa ad eccezione delle feste religiose; durante il fidanzamento «si faceva l'amore» a casa della sposa dopo l'approvazione del futuro suocero, scambiandosi qualche parola innanzi al camino, alla presenza di tutti i familiari che spesso si frapponevano fra i due giovani.
A fidanzamento avviato si facevano i «capitoli» e innanzi al notaio il padre della sposa prometteva la dote che avrebbe dato alla figliola all'atto del matrimonio ed entrambi sottoscrivevano un impegno formale. Spesso la dote consisteva nel corredo da 20-25-50 ccc. lenzuola, federe, sottovesti, ecc., che la sposa portava nella «cassa», poi le stoviglie, i mobili, il denaro, o il pezzo di terra e la casa, tutto ciò a seconda delle condizioni economiche e sociali dello sposo, nella cui famiglia la donna entrava. Comunque anche quando la modesta condizione non consentiva di far «capitoli» si faceva sempre elenco dettagliato di tutto ciò che la donna portava ed era ostentatamente trasportato dalla casa della sposa a quella coniugale, ove venivano esposti e doverosamente mostrati ai parenti e agli amici dei due giovani. Spesso, però, per tali cerimoniali, vistosi o no, ricchi o poveri, sottoponevano a duri sacrifici i genitori in particolare per affrontare le forti spese per maritare le figlie e molto spesso dovevano affrontare gravosi debiti.
La nascita di una femmina veniva non certo troppo gradita ed era fonte di litigi fra coniugi e tra la nuora e la suocera, dimentica pur essa del turbamento prodotto tanti anni prima in seno alla sua famiglia. Il trascorrere del tempo in sostanza veniva segnato dai fatti più importanti nella vita di ciascuna famiglia, la nascita, il matrimonio, la morte; pur determinando nel contempo l'evolversi lento del modo di essere e di vivere, e che poi ha portato alla situazione odierna, mutata radicalmente, ma essenzialmente forse più preoccupante di quanto non lo fosse per il passato.
Oggi molte cose sono mutate, pur conservandosi alcune fondamentali tradizioni ritenute conciliabili con le moderne concezioni. Le abitazioni, a seguito della legge n.1431 del 5-10-1962, che concedeva provvidenze per le case danneggiate dal terremoto del luglio ’62 e attraverso l'azione incisiva, stimolante di incentivazione dell'amministrazione comunale, in meno di un decennio hanno subito radicali trasformazioni, ricostruendosi in sito dalle fondamenta o in un « piano di zona » appositamente predisposto dal Comune ed altre 500 abitazioni possono considerarsi moderne, ampie, fornite di strutture igieniche e di tutti i conforti necessari.
Quasi tutte le case nell'interno ed anche esteriormente riecheggiano le case di città e spesso attraverso l'immagine che gli emigrati portano nel paese, fanno bella mostra, i moderni elettrodomestici, frigoriferi, televisore, cucina moderna, scaldabagno, ecc..Ma a tutto ciò che è avvenuto per la iniziativa privata va collegato il complesso problema delle infrastrutture civili, fognatura, rete idrica, strade che hanno mutato radicalmente il vecchio apparato urbanistico è tale da esercitare una azione sconvolgente tutta rivolta a dare un volto nuovo, strutture e apparati, che adeguati ai tempi moderni possono dar sì sicurezza e continuità di vita, senza eccedere a quei deprimenti spettacoli di abbandono che spesso pervadono molti piccoli comuni montani di altre zone. Nel paese vi sono ben 22 negozi, piccoli, ma forniti di tuti i generi alimentari e merci varie e questi si contendono insieme con le bancarelle del mercato del sabato, la scarsa clientela dei 2.000 abitanti stabilmente residenti; in più 4 bar,2 osterie e 4 cantine tutte dal tono moderno e aggiornato ove il gioco delle carte napoletane continua ad essere il passatempo di sempre. La popolazione è scesa in questi ultimi anni a poco più di 2.500 abitanti, ma i residenti sono di meno di 2.000 perché l'inesistenza assoluta di industrie e l'avarizia della terra hanno determinato con l'esodo massiccio dalle campagne, oltre che il solito flusso di emigrazione transoceanica (Stati Uniti, Canada, Australia, Argentina, ccc.) un impressionante fenomeno di inurbamento nel Capoluogo Foggia, Ortanova e soprattutto l'emigrazione stagionale in Svizzera e Germania.
Tutti i gioviani studiano, ormai, con orgoglio, e a diploma conseguito ingrossano purtroppo le schiere di disoccupati del paese. I costumi si sono rapidamente allineati a quelli della città e neppure le vecchie vestono più gli antichi e lisi costumi paesani. La televisione, la radio, i dischi, i jukebox sono i divertimenti di tutti i giorni e le feste paesane, ora stranamente aumentate di numero, pur conservando le antiche forme, non hanno più l'importanza essenziale di un tempo e uno spettacolo di canzoni con qualche trito « Schetch »e la proiezione di film all’aperto, si affiancano, se non sostituiscono addirittura il tradizionale concerto di musica operistica della sera.
L'istituto della dote sopravvive, ma svuotato di molti contenuti e dell'apparente solennità; le coppie giovani salutano con pari gioia la nascita dei figli sia maschi che femmine e i nomi non sono sempre quelli dei genitori. Le mosche non infastidiscono più troppo l'asino e i cani, né stratificano i muri assolati o le cucine delle case, ovunque regna una maggiore pulizia nelle strade del paese. Ma a tutto ciò che caratterizza un ambiente, riscattato a concetti di nuovi modi d'essere, spesso rispondono momenti di silenzio, ampi spazi vuoti, gli emigrati infatti sono numerosi, come si evince dai dati statistici e gli studenti delle scuole superiori all'inizio dell'autunno abbandonano il paese o si recano la mattina col pullman nei vicini luoghi di studio e con le donne rimangono per lo più pochi contadini o coltivatori, qualche artigiano e tanti vecchi.
A Natale e a Ferragosto il paese, però, ha improvvisi sussulti di vita, ritornano coloro i quali hanno avuto il coraggio di abbandonare Anzano, e ritornano dalla Svizzera e dalla Germania gli emigrati le cui automobili multicolori, grosse e lucenti vogliono quasi nascondere al genitore e all'amico le lacrime di fatiche e delle umiliazioni copiosamente versate in terre lontane. Quel che non è cambiato è il dialetto, se tale vuol chiamarsi, piuttosto accessibile e privo di inflessioni particolari e l'amore per la propria terra, profondo in tutti, tanto da giustificare ritorni dalla lontana Australia, dall'Argentina, dagli Stati Uniti, dal Canada, ccc. Ed è proprio per questo «amore» che può iniziarsi un concreto discorso di analisi e di prospettive della complessa problematica locale.