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«Il Mommsen sostiene che la via battuta da Orazio fu l’Appia fino a Frigento, ma che quivi si biforca: un ramo, che è l’Appia propriamente detta, piegando a destra, si spinge a Romulea, e l’altro, curvandosi a sinistra, si faceva a girare il monte di Trevico, cagione di non liete avventure al voluttuoso poeta.
«Agli antipodi di questa è l’opinione del Desjardius; giacchè costui è di parere, la via tenuta da Orazio non fu l’Appia, ma la Traiana che si ha un andamento affatto diverso.
«Coi dovuti riguardi ai mentovati autori, rilevo - è sempre Iannacchini che parla - che non può dividersi il parere di quest’ultimo, perché Strabone ci dice: che per essa si viaggiava a dorso di mulo o a piedi. Al pari non può onninamente annuirsi a quanto scrive il Mommsen, giacchè non è logico che una via fosse salita fino a Frigento, per indi dar giù nell’Ufita fra valanghe e burroni, per ripigliare una maggior salita intorno al monte di Trevico.
«Più conforme a ragione è che Orazio abbia seguito il tracciato dell’Appia fino ad Eclano, donde per l’Ufita, e pel suo confluente le Fiumarelle sotto Flumeri, si passava in cocchio nella valle del Calaggio donde ad Ascoli.
«Ma mentre alcuni si attengono allo andamento testè designato, il Patillo invece ha detto che una tal via ha girato a destra il monte di Trevico, per raggiungere quel luogo, ove la tradizione ci addita l’osteria, dove pernottò il Venosino.
«Via Erculea e via ad Ordona. Il divergere delle opinioni circa lo andamento della via di Orazio, cioè, se sia partita da Equotutico o da Eclano, e se da Eclano abbia girato a manca, o a dritta il monte di Trevico, proviene da ciò: una via si univa ad un tempo con Equotutico ed Eclano, un’altra via vi era, che lastricata al tempo degli Antonini, si aveva la medesima direzione, e andava ad Ordona. Le diverse lapidi trovate in queste parti fanno supporre che vi fossero state più vie romane, Una lapide segnata col n. 3, dice il Guarino, si trova in Grottaminarda; essa ci parla di Diocleziano, Massimiano, Costanzo e Galerio. Un’altra è in Ariano, da una parte segna i nomi dei medesimi imperatori, e dall’altra quello di Ioviano. In Zungoli nel 1794 ne fu trovata un’altra che trascriveremo nel cap. X del Libro XIII e che ci parla di Massenzio Erculeo, il quale la rifece, donde venne il nome di Erculea.
«Da questa e da altre lapidi somiglianti si argomenta che una via detta Erculea si partiva da Eclano, passando sotto Ariano e vicino Zungoli si piegava verso l’Ofanto, e toccando o non toccando Venosa, conduceva a Melfi ».
Fin qui il valente Iannacchini. Ma «coi dovuti riguardi » verso di lui, debbo precisare meglio quanto segue, giacche neanche egli risulta abbastanza chiaro e preciso:
1) La via battuta da Orazio fu la via Erculea o Eclanense, che era una scorciatoia dell’Appia e seguiva questo tracciato preciso: Eclano - Sotto Flumeri e presso Grottaminarda - Fiumarelle - Civita - Anzano - Sub Romulea (sotto Bisaccia, a Chiancarelle sul Calaggio o Carapelle) - Pons Aufidus (Ponte Ofanto o di S. Venere) - Melfi - Venosa - Canosa (qui si immetteva sulla via Traiana, proveniente da Benevento). Ciò è pacifico e risulta sia dal testo di Orazio, sia dalle epigrafe e pietre miliari trovate nelle predette località.