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Difatti - continua Mons. Iannacchini - nel 774 fuvvi una donazione di Arrechi principe di Benevento al monastero di S. Sofia, in cui fra le cose donate figura ancora «il Gualdo in Montevergine fino al fiume Volana e per l’acqua fino al Plesco sotto il castel di Pietra Stornina».
Non è da darsi, quindi, nessun valore al citato documento o istrumento di vendita, in quanto esso, se pure esiste in qualche parte, non riguarda affatto Anzano che non ha nulla a che vedere con Volanum.
Anche lo storico valentissimo ed antichissimo Alessandro Di Meo a proposito di Volanum («Annali critico-diplomatici della mezzana età». Napoli 1795) riporta la «donazione del Gualdo in M. Vergine fino al fiume Volana e per l’acqua sin sotto il Castel di Pietro Stornino» ed aggiunge testualmente: «Pare che vicino a’ detti luoghi esser dovea l’antica Volana»; quindi Volanum era nel Sannio Caudino!
Nell’879, del resto, Anzano o Ansano era ancora lì, sulla serra, oggi detta «serra del terremoto», presso S. Pietro d’Olivola, ed era ancora 1’Anxanum Frentanorum. Anche Trevico, inoltre, dicesi essere stata fondata dai Sanniti col nome di Volanum (1), ma pure ciò è errato.
Documenti autentici, invece, e veramente probatori sono stati da me controllati coi miei occhi e con le mie mani; li trascrivo qui di seguito ad litteram, nella parte sostanziale di ognuno di essi, in quella parte che ha attirato il mio interesse per il contributo storico-probatorio che essi offrono, sia riguardo all’oggetto del discorso, sia riguardo agli usi e costumi di quei tempi.
1) Donazione di una chiesa di appartenenza a Rocca S. Agata (S. Agata di Puglia) e Vico Acquidio (Trevico), in provincia di Capitanata, fatta da Randolfo, alias Rainone Brittone, signore di S. Agata, nell’anno 1086. Questa donazione fu confermata: da Ruggero duca della Puglia e principe di Salerno nell’ottobre dello stesso anno 1086, da Papa Urbano 2° nel 1089, da Papa Pasquale 2° nel 1100, da Papa Eugenio 3° nel 1149 e da Papa Alessandro 3° nel 1168.
Eccone il testo:
«1086, octobris, X, Salerni.
In nomine Domini... Anno ab incarnatione millesimo octogesimo sexto, temporibus domini nostri Rogerii gloriosi ducis, mense ottobri, decima indictione. Ego Rainolfus qui vocor Brittone...et Atta uxor mea et Joel filius meus optulimus... monasterium nostrum quod conditum est in finibus Apuliae et in pertinentia Roccae quae vocatur Sanctae Agathae ad honorem Sacti Petri Apostoli in loco qui vocatur Olibula, cum terris et casis... et silvis et billanis qui ibi habitant et habitaturi erunt... Cuius pertinentiae fines sunt hii: ... incipit a vallone qui de Olivula dicitur...venit usque ad fontem qui dicitur romanum... usque ad viam quae venit de Sancta Maria de Olivola... vadit usque ad rivum qui dicitur de Marco et ferit in viam quae venit ab Ariano et ascendendo per ipsam viam ferit in serram de Anzano et descendit per stratellam et vadit usque in caput vallis de Olivola descendendo in vallonem de Olivola ferit in viam quae est in capite nemoris ipsius casalis Sancti Petri et vadit et ferit ad serram quae vocatur beneventana, et vadit per eandem serram usque ad serram quae vocatur serra de Riparuli... etc. etc. Damus etiam terram pertinentem nobis cum uliveto quae est sita prope ipsam Roccam Sanctae Agathae... Memoratus dominus excellentissimus dux, visa huiusmodi oblatione, in augmentum ipsius ecclesiae et casalis donavit et confirmavit ipsi monasterio... ecclesiam Sanctae Mariae de Guardiola et Sancti Benedicti..., sitas in pertinencia Vici».
(Seguono i confini di quest’altra donazione, nonché la donazione del mulino detto di «Maccarone» confinante col fiume Calaggio ecc. ecc., con tutti i diritti di uso e privilegi).
Da quest’atto or ora riportato, che trovasi in originale presso la Biblioteca Monumento Nazionale della Badia di Cava dei Tirreni emergono due cose molto chiare:
a) la «via che viene da Ariano » è la via Erculea o Eclanense, di cui si è parlato più volte, che passa appunto per S. Pietro d’Olivola, per Pila Romana e scende al Calaggio, a Chiancarelle;
(1) Cfr. « Trevico nella storia e nella tradizione B di Mons. Carlo Petrilli, pag. 15.