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CAPITOLO VII
STORIA SPICCIOLA, MA CERTA
Si può dire che la storia documentata di Anzano finisca qui, con quell’atto del.- 1183 riportato nel capitolo precedente. Nè c’è da aspettarsi che sia diversamente, che avessimo dei grandi avvenimenti da ricordare! Il nuovo Anzano, infatti, s’è venuto formando intorno alla chiesetta sorta sul posto del rinvenimento della statua; la statua prese il nome del paese di origine, dico meglio, del paese dai cui cittadini era stata nascosta durante le persecuzioni iconoclaste, e si chiamò S. Maria di Anzano; il villaggio che venne sorgendo intorno a quella chiesa si chiamò e si chiama Anzano.
Questo villaggio si trovava in territorio dell’antica Trevico; visse, perciò, quale frazione di Trevico, tutta la storia, tutti gli avvenimenti di quell’antico paese arroccato su quel monte, a 1090 metri di altezza, fino a quando, il 1810, avendo raggiunto il numero di 825 abitanti, ottenne l’autonomia e fu assegnato alla provincia di Capitanata.
Che cosa ci possiamo aspettare dalla storia o dalla cronaca di questi lunghissimi anni e secoli di vita grama di povera gente che vive in una frazioncina, in misere case e pagliai?
Verremo, quindi, citando le poche e sicure notizie storiche che ci risultano.
Trevico, e con esso Anzano, fu sotto la dominazione dei Normanni che coi cinque figli di Tancreti d’Altavilla, tra il 1043 e il 1098, si procurarono prima una serie di domini in tutta l’Italia Meridionale e poi con Ruggero II, nel 1130, acquisirono il titolo di re di Sicilia e nei nove anni successivi unificarono sotto il proprio dominio tutto il Mezzogiorno di Italia. Fu, quindi, Anzano dominato dai «signori» di Trevico e gli anzanesi furono i servi della gleba di quel non mai abbastanza deprecato periodo storico... Anzano fece parte, con S. Sossio, S. Nicola, Castello e Scampitella, della Baronia di Trevico e perciò ne seguì e subì le sorti...; non trovasi, pertanto, nominato separatamente nè nel catalogo del Borrelli, nè nei documenti Svevi, nè nelle numerazioni e tassazioni del 1318, nè nelle numerazioni di fuochi (il famoso «focatico»!), che incominciarono a conoscersi fin dal 1522 («Il Popolo Irpino», 20 agosto 1893); fu soggetto prima ai Feudatari di Trevico e poi al Vescovo della stessa città, con titolo baronale, fino al 1797!
Sempre perché appartenente alla Baronia di Trevico, andò compreso fra i feudi donati da Roberto d’Angiò (re di Sicilia dal 1309 al 1343) alla moglie Sancia, assieme ad Accadia ed a Montaguto.
Nel 1462, durante la seconda guerra angioino-aragonese e terza di successione al regno di Napoli, mentre per la vicina Accadia si offrì l’occasione di scrivere una pagina gloriosa della propria storia con una resistenza eroica contro gli aragonesi (fatto che costituisce a buon diritto una gloria per quel buon popolo che meritò allora di essere definito Popolo Forte di Accadia!), su di Anzano si abbatterono giorni tristissimi di sofferenze d’ogni genere...
Ai primi di agosto di quell’anno 1462, Ferrante d’Aragona muove con le sue soldatesche dalla Campania, si unisce a quelle di Alessandro Sforza, per riprendere la lotta contro Giovanni d’Angiò che pretendeva al trono di Napoli, e da Grottaminarda marcia per portare le operazioni in Puglia, attraverso la via Erculea o Eclanense (Grottaminarda - Civita - Anzano...). Soldati e mercenari pontifici, milanesi ed Aragonesi, «vere compagnie della morte, passarono su di Anzano come un nugolo sterminato di cavallette... Più lupi famelici che uomini, non ricevendo neanche la paga dal re aragonese, devastavano le campagne, divoravano le messi, rubavano tutto il bestiame, violavano le fanciulle, uccidevano chi si opponesse in qualche modo, profanavano le chiese» (1).
(1) Cfr. Emilio Paoletta: «Ignotum Oppidum B - Studio Editoriale Dauno - Foggia 1964. E’ un opuscolo veramente prezioso, scritto in latino, capolavoro di stile (vinse il 2° premio internazionale di latinità in Roma!) e di oggettività storica.